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Amedeo Orfei: la buona tradizione del circo italiano

Amedeo mi ha sempre dato l’impressione di essere una persona severa, un po’ burbera, di quelle che incutono naturalmente rispetto … finché non gli appariva sul volto il suo smagliante sorriso, allora si capiva che dietro quell’aspetto severo si celava un uomo buono e gioviale. Non era di tante parole, salvo quando presentava il suo spettacolo, nel suo circo. Lasciava volentieri il compito di parlare alle sue donne di cui andava orgoglioso: la moglie e le figlie, ma anche il figlio in fatto di parole fa concorrenza alle sorelle.
Il Circo di Amedeo Orfei è uno di quelli in cui “ci si sta bene”, a detta degli artisti che negli anni sono passati sotto quello chapiteau. Questo significa lavorare sodo quando c’è da lavorare, rispetto nei rapporti, apprezzamento del proprio numero, e la paga certa il lunedi.
L’insegna “Amedeo Orfei” nasce nel 1958 dal sodalizio tra Amedeo e la moglie Carmen Ukmar.
Si sposarono a Roteglia, in provincia di Reggio Emilia, il 12 settembre 1957, era stato don Dino Torreggiani a celebrare le nozze. In quella frazione, lungo il fiume Secchia, sostava il Circo Palmer di Angelo Ukmar e Rosa Meluzzi, genitori di Carmen. Più che un circo era un teatro all’aperto che in inverno veniva coperto da un tendone e vi presentavano numeri acrobatici e sketch comici. Amedeo li aveva raggiunti in vista delle nozze.
Amedeo, fino a quel momento, aveva condiviso l’esperienza del “Circo Nazionale Fratelli Orfei”, con Evelina, Oscar e Francesco che faceva da direttore.

Era una di quelle realtà che andavano avanti come potevano nel dopoguerra. I fratelli con la mamma Natalina avevano lasciato il circo di Orlando per mettersi in proprio, o quasi. Come succedeva e succede ancora adesso, le stagioni avevano alterne vicende tra società e periodi in cui si prendeva in compagnia qualche famiglia.
Dopo il matrimonio, Amedeo e Carmen, vanno come artisti dai Canestrelli e dai Folco, ma con la nascita del primo figlio, Lino, decidono di mettersi in proprio: nasce così l’insegna “Amedeo Orfei”.
Due antenne, pista rialzata, i mezzi necessari per viaggiare e lavorare, i colori bianco e celeste. La vita non è stata sempre facile ma una gestione accorta, le famiglie giuste in compagnia o una società nel momento opportuno, hanno permesso ad Amedeo di consolidarsi e crescere.
Alcuni punti erano fermi: si lavora per vivere e non viceversa, bisogna pensare anche al futuro perché ci sono tempi di vacche grasse e quelli di vacche magre. Questo ha significato lavorare duramente, con dignità e senza sacrificare il benessere e le comodità per la famiglia, anche quando questa è diventata più grande con la nascita delle figlie: Arianna, Romina, Deborah. I mezzi dovevano essere sempre in ordine, le carovane comode e quando è stato il momento ed è capitata l’occasione, investire in un terreno ed una casa di mattoni.
I figli sono stati tutti bravi generici: ciclisti, equilibristi, giocolieri, trapezisti, clown. Papà Amedeo presentava il suo spettacolo con grande orgoglio non mancando mai di sottolineare la soddisfazione ma anche la fatica e la popolarità del proprio lavoro senza atteggiamenti da divi. Eppure lo spettacolo è sempre stato molto ricco e curato, adeguato alla propria dimensione, i costumi sempre sfarzosi con abbondanti testali e code di piume come nei musical parigini, ma rigorosamente fatti in casa dalle abili mani delle figlie.
Poi è arrivato l’elefante, una stagione in Grecia nel 1983, le tigri nel 1984, il circo ha lasciato la pista rialzata e le due antenne. Il nuovo chapiteau di quattro antenne aveva la barriera su di un bilico creando una sorta di seconda pista rialzata oltre quella a terra. Nel frattempo ci sono stati i matrimoni: quello di Lino con Denise Sciolan, Arianna con Roland Colombaioni, Romina con Ivan Niemen, Deborah con Massimiliano Dell’Acqua.
All’infuori di Romina che ha seguito il marito nel suo circo di famiglia, tutti sono rimasti in casa allargando la compagnia con i propri coniugi e con la nascita dei nipoti.
Amedeo Orfei era nonno felice in mezzo a tanti nipotini, fiero di tanta discendenza, intravedendo nelle loro capacità il futuro di quel nome che con semplicità e tenacia aveva costruito.
Anche i nipoti sono cresciuti, come sono cresciute le dimensioni del circo, ma senza strafare, un passo dopo l’altro con oculatezza, pensando prima alle famiglie, alla propria sicurezza e dopo ad allargarsi nelle strutture e nello chapiteau.
Adesso i nipoti sono abbastanza grandi ed hanno superato i genitori in abilità con punte di eccellenza, qualcuno si è già sposato ed ha preso la sua strada.
L’insegna “Amedeo Orfei” continua a campeggiare sui manifesti nelle città e nei paesi d’Italia dove la lenta carovana passa di qundicina in quindicina. Alex manda i cavalli e cura le bestie, Ivan ha un bel numero sul filo teso, Mycol già muove i primi passi come clown sulle orme del padre Lino.
Tyron giongla magistralmente le palline e suona la tromba, Yasmine fa un bel numero di trinca. Tutti, con i loro genitori e l’aiuto di altri artisti, conducono uno spettacolo piacevole e gustoso. Mentre Amedeo, dal 2007, dall’alto del cielo guarda con soddisfazione i nipoti illuminandosi con il suo smagliante sorriso.

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Amedeo Orfei: la ricetta di Carmen
Una volta, tanti anni fa, andai a trovare il Circo di Amedeo Orfei, ma la mia ora di arrivo non era stata delle più azzeccate (e questo succede spesso). Carmen era impegnata a sbarazzare e pulire la cucina, dopo che tutti avevano mangiato. Mi chiese se volevo un caffè poi, ripensandoci, mi chiese se avevo mangiato … dissi di si, ma la bugia era troppo evidente per una mamma avvezza a star dietro a tante persone. “Ti faccio qualcosa di rapido”, mi disse. Aprì il frigorifero, rufolò un po’ in mezzo ai pacchetti e tirò fuori una mozzarella che tagliò in quattro parti, poi avvolse ogni pezzo in una fetta di prosciutto cotto che rosolò in una padella con poco olio. Forse non sarà una grande ricetta, ma vi assicuro che il mix era ottimo, non solo per la fame che avevo mal nascosto. A distanza di tempo, ogni tanto rifaccio quel piatto rapido e gustoso e ne vale la pena.
Short URL: http://www.circo.it/?p=8882

I Romano's Brothers

Armando, Luigi e Nino Meluzzi sono i nomi del trio conosciuto come Romanos Bros. È il nome che nasce da una famosa famiglia di artisti con cinque generazioni nel mondo degli show. Nati a Roma, hanno iniziato presto a viaggiare per tutto il mondo, e sono rapidamente diventati delle star. Hanno partecipato in alcuni film musicali come Star Bright e Broadway I love you ad Hollywood, Viktor und Viktoria a Berlino (1933) e Leaving at 7 O’Clock a Roma.
Negli USA hanno anche preso parte a diverse trasmissioni televisive con artisti come Ed Sullivan, Frank Sinatra, Perry Como, Jerry Louis e altri. Si sono esibiti con gli Harlem Globe Trotters in tournée mondiale, coi quali sono stati applauditi da milioni di persone.
In Europa, nel 1930, al London Palladium hanno ricevuto i complimenti della Regina Elisabetta. A Parigi sono stati scelti per innaugurare l’Alhambra Music hall con Maurice Chevalier, ed hanno catturato le simpatie del popolo parigino.

Il loro talento, comicità e spirito creativo è stato raramente eguagliato. La loro commedia è spesso resa piccante da gags originali pensate per un pubblico cosmopolita. Nelle loro esibizioni è sottolineato il gusto, il talento, l’umorismo e sono stati a lungo una delle attrazioni più gettonate nei migliori locali di intrattenimento del mondo.
Nel 1948-1949 troviamo la Romano Troupe (Romano, Armando, Natalino e Roberto Meluzzi) nel programma del Ringling insieme agli italiani Bogino, Zoppé, Zavatta, Cristiani, Caruso.
Roberto Meluzzi si sposò con Silvana Zacchini, figlia di Bruno, la prima donna che si è lanciata dal cannone, la cui carriera iniziò a sedici anni e terminò a 24 ed è stata l’artista di punta del Ringling negli anni ’40. Le memorie delle sue performance si trovano tuttora al Museo del Circo Ringling a Sarasota, dove ha ricevuto il Celebrity Award nel 2000.
La coppia ha lavorato a lungo nei circhi del sud America per poi ritirarsi negli USA.

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